Neofobia: paura di ciò che è nuovo

La neofobia è caratterizzata dalla riluttanza e il rifiuto dei nostri bambini ad assumere cibi nuovi o sconosciuti.

L’essenza del comportamento neofobico è una chiara e persistente riluttanza, e qualche volta addirittura paura ad assaggiare nuovi alimenti o ad accettare sapori diversi o nuove consistenze e/o colori del cibo. Questo rifiuto può essere applicato anche a prodotti precedentemente mangiati, ma che appaiono nuovi allo sguardo del piccolo, perché presentati o cucinati in maniera diversa.Tale  comportamento si manifesta principalmente nei gruppi di età tra i 2 e i 5 anni, periodo significativo per lo sviluppo delle abitudini alimentari. A causa della conoscenza limitata di questo comportamento, molti genitori non lo identificano nei loro bambini, senza sapere che ciò può portare a una limitata assunzione di cibi ad alto contenuto nutrizionale, causando un deficit nutrizionale. Quando le restrizioni sono severe o durano per un lungo periodo possono influenzare lo sviluppo del corpo umano, come del sistema nervoso, interessando lo sviluppo cognitivo e le capacità motorie del bambino.
Il meccanismo che determina la neofobia non è ancora stato completamente riconosciuto, ma il fenomeno è sicuramente determinato dall’ interazione tra diversi fattori: biologici, fisiologici, ambientali, psicologici, sociali, antropologici ed economici.

Interessante è il ruolo del comportamento neofobico nel passato come importante funzione adattativa. Uno dei primi meccanismi di adattamento dell’essere umano è l’innata predilezione per i sapori dolci e salati e un’avversione per le sostanze amare e acide, percepite come un avvertimento contro potenziali avvelenamenti. Per esempio, la sensibilità al sapore amaro è determinata geneticamente, e l’intensità della sua percezione dipende dal numero di papille gustative sulla lingua. Il livello di accettazione del nuovo prodotto può quindi essere determinato dal grado individuale di sensibilità all’ amaro.
Questo può contribuire allo sviluppo dell’attitudine neofobica verso specifici tipi di cibo.
Le verdure sono il gruppo di alimenti maggiormente rifiutato a causa dell’elevata ipersensibilità al sapore amaro.
Un altro fattore condizionante è la personalità: bambini timidi, ansiosi, chiusi verso nuove esperienze provano una maggiore esitazione nell’ assaggiare nuovi pasti.
È inoltre importante considerare il cibo non solo come una necessità di base, ma anche come una fonte di piacere e di socializzazione, e come un  fattore fondamentale per la nostra salute. Le abitudini alimentari si costituiscono soprattutto durante l’infanzia, per questo la famiglia ha un ruolo fondamentale nell’ insegnamento nutrizionale del bambino fin dai primi pasti.

Il ruolo del caregiver

Fin dai primi pasti, durante il consumo del latte materno, il lattante ha la possibilità di assaggiare sapori diversi a seconda del cibo scelto e assunto dalla madre. Ciò contribuisce a una maggiore accettazione dei nuovi prodotti introdotti nella dieta, in particolare quelli che la madre regolarmente consumava durante la gravidanza e l’allattamento.
Importante è sapere che, la riluttanza a mangiare certi alimenti può essere condizionata dalla loro tarda introduzione nella dieta del piccolo.

Una maggiore apertura ad assaggiare sapori sconosciuti si ha nei bambini fino ai 12 mesi di vita e diminuisce con l’età.
Le abitudini alimentari dei piccoli sono influenzate dall’ osservazione e dall’ imitazione dei comportamenti e delle reazioni delle persone che li circondano. I bambini si “lanciano” nell’assaggiare il cibo sconosciuto quando anche le loro madri mostrano interesse verso quest’ultimo, ma soprattutto, quando anche loro lo mangiano e reagiscono in maniera entusiasta.
Contrariamente, pressioni dei genitori nel forzare il figlio a mangiare qualcosa che non gli piace comporta un aumento della riluttanza nei confronti di quel determinato cibo. È stato dimostrato che, quando i bambini sono costretti a mangiare quello che non vogliono, iniziano a sviluppare ansia, tensione e un vero e proprio senso di disgusto verso il prodotto.
Il bambino deve essere osservato, gli si deve dedicare tempo e attenzione, si deve avere pazienza e cercare di capire perché non vuole mangiare quel determinato pasto provando a mettere in atto strategie diverse: riproporglielo in maniera diversa o durante un pasto diverso; cambiare il caregiver che si occupa del pasto; provare a distrarlo; coinvolgerlo nella preparazione del pasto(quale zucchina tagliamo? quale mettiamo nella pentola?); farlo sentire indipendente (vuole usare le mani per mangiare la zucchina e non farsi imboccare?); rendere il momento del pasto divertente (inventare storie, canzoni).
Si deve avanzare gradualmente, mai forzare.

…d’altronde fare i genitori è il mestiere più difficile del mondo…